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La Certosa di San Lorenzo fu fondata nel 1306 da Tommaso Sanseverino Conte di Marsico, su una preesistente chiesetta benedettina, dipendente dall’Abbazia di Montevergine, risalente all’VIII secolo. Donata all’ordine dei frati certosini, che riproposero il modulo operativo di Grenoble, era divisa nella “domus alta”, dove vivevano i monaci, che qui si riunivano in meditazione e nella “domus inferior”, dove vivevano i fratelli conversi - certosini anche loro, ma per scelta destinati ad amministrare alcuni settori della Certosa e ad accudire i primi- . Il priore, eletto direttamente a Grenoble, gestiva l’intera comunità.
Dal Trecento al Settecento, la Certosa, in continua costruzione, accolse tutti i vari stili che si affermarono dal severo gotico al ridondante barocco.
• armoniose forme rinascimentali presentano il “chiostro della foresteria”, la “cella del Priore” e la “scala elicoidale”;
• impeto barocco si può ammirare nella “cappella del tesoro” e nella “cappella di Sant’Anna”.
La Certosa conobbe la sua fine per mano dei Napoleonici nel 1806.
Dopo il decennio francese, i certosini si riappropriarono del loro eremo fino al 1866, quando in Italia fu nuovamente soppresso l’ordine. Infine nel 1882 il governo la dichiarò monumento nazionale.
Durante la prima guerra mondiale venne trasformata in campo di concentramento e di lavoro per prigionieri austroungarici e durante il secondo conflitto mondiale, in campo di concentramento per prigionieri inglesi. Dopo l’armistizio dell’8 agosto 1943 fu destinata a campo di prigionia per i collaborazionisti fascisti. Finita la guerra la struttura venne affidata all’amministrazione provinciale. Dal 1982 la Certosa è in consegna della Sovrintendenza ai BAAS di Salerno ed Avellino, che ha promosso un’ampia campagna di restauro e rivalutazione.
• Stato di conservazione
La cappella chiusa al pubblico, già prima del sisma del 1980, si presentava in uno stato non di semplice degrado, ma piuttosto di sfacelo:
1. Colonie di colombi avevano nidificato e vivevano nell'ambiente.
2. Presenza, in atto, di vaste infiltrazioni pluviali.
3. Degrado delle strutture interne degli stucchi per la prodotta ossidazione dei ferri di armatura, che avevano provocato lo scoppio e la conseguente caduta degli altorilievi.
4. Dilavamenti erosivi, che avevano intaccato le superfici.
5. Le dorature, ancora presenti, erano rovinate da pesanti sovrapposizioni di pitture a colla animale.
6. Un pesante scialbo di calce ricopriva i manufatti, ottundendo le superfici.
• Interventi
1. Catalogazione dei pezzi degli stucchi caduti sul pavimento.
2. Pulizia e trattamento anti alga delle superfici interessate.
3. Discialbo a bisturi delle superfici.
4. Rimozione dei ferri ossidati, anche aprendo le superfici delle sculture.
5. Creazione con appositi presidi di spazi intorno a quei ferri, che non potevano essere rimossi senza gravi traumi o guasti per i rilievi
6. Introduzione negli spazi vuoti di elettrodi sacrificali in alluminio collegati ai ferri.
7. Inserimento di perni di acciaio inox e/o sbarre di vetroresina in sostituzione dei ferri mancanti o gravemente ossidati .
8. Riadesione delle parti cadute o semplicemente decoese.
9. Stuccatura delle lesioni
10. Pulitura delle dorature con soluzione chimica appropriata.
11. Restauro delle lacune delle dorature con foglia d'oro zecchino dello stesso colore e spessore di quello originale
12. Intonatura dell'oro con tamponi di Gomma Lacca in alcool .
13. Intonatura della stuccature con acqua di Te.
14. Protezione finale
15. Smontaggio del pavimento in ceramica antica.
16. Sistemazione dello stato di allettamento e ripristino della pendenza originale del piano pavimentale.
17. Stuccatura dei nessi tra mattonelle.
18. Protezione finale con Etile silicato e successiva sovrapposizione a tampone di un prodotto industriale cero acrilico di protezione per ceramiche pavimentali
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